CANCRO AL SENO, INIBITORI DELL��禑ROMATASI PER LE RECIDIVE Tumori

Le donne con il genotipo GG per il polimorfismo rs del gene CYP19A1 hanno sperimentato una significativa diminuzione della massa magra. Tuttavia, i ricercatori auspicano studi più ampi per capire se questi risultati si traducono in anomalie metaboliche clinicamente rilevanti. Diversamente da quanto avviene con l’ablazione ovarica tramite radiazioni o intervento chirurgico (ooforectomia), l’effetto di questi medicinali può essere reversibile. Nelle donne gli agonisti dell’LHRH interrompono i cicli mestruali che, però, soprattutto nelle più giovani, possono ricominciare nel giro di sei mesi-un anno dalla sospensione della terapia. Una volta sospesa la cura, cioè, l’ovaio torna a funzionare, anche se nelle donne più vicine alla menopausa questo non sempre si verifica. Poiché il farmaco può essere pericoloso per il nascituro è bene discutere con il proprio medico quale metodo contraccettivo utilizzare durante la cura, indipendentemente dal fatto che il partner in terapia sia l’uomo o la donna.

Numerosi tumori al seno infatti presentano sulla propria superficie cellulare recettori per gli estrogeni, per il progesterone o per entrambi gli ormoni. Questi tumori si definiscono estrogeno e/o progesterone positivi (od ormono-sensibili) e gli ormoni ne stimolano la crescita. Questa informazione contribuisce a caratterizzare il tumore e si ottiene, in fase diagnostica, mediante esame istologico condotto sul materiale prelevato dalla paziente con la biopsia di un Stanozololo iniettabile nodulo sospetto. Il razionale biologico di questo minor impatto di exemestane sul deterioramento osseo potrebbe essere dovuto alla sua struttura steroidea. Paul E. Goss già nel 2006 ipotizzava2 che i SAI come exemestane, grazie alla loro somiglianza strutturale con i precursori degli androgeni, noti per aumentare la formazione ossea piuttosto che diminuire il riassorbimento osseo, possano essere più protettivi per l’osso rispetto ai loro omologhi non steroidei.

Ciò si rivelerà molto utile per numerosi malati di cancro al seno ed estremamente prezioso per molti utilizzatori di steroidi anabolizzanti. Secondo un nuovo studio il farmaco exemestane offre risultati leggermente superiori al tamoxifene nel prevenire la recidiva del cancro al seno in alcune donne in premenopausa. Uno studio italiano ha valutato l’impatto a lungo termine della terapia adiuvante con farmaci inibitori delle aromatasi (AI) per il controllo del carcinoma mammario sulla salute delle ossa. Non sono molti gli studi che hanno confrontato gli effetti sul metabolismo osseo da parte dei diversi inibitori ma da quei pochi non sono emerse differenze significative. Uno studio di comparazione tra exemestane e anastrozolo ha rivelato una differenza significativa ma ridotta (31% contro il 35%) nel numero di eventi (nuove diagnosi di osteoporosi) riportati dalle pazienti stesse ma un’analisi dettagliata dell’osso non ha registrato altrettante differenze nelle variazioni di BMD tra i due trattamenti. Anche uno studio che ha confrontat letrozolo con anastrozolo non ha mostrato differenze nella probabilità di sviluppare osteoporosi tra i due farmaci.

Tumore al seno e terapia ormonale: quali effetti collaterali?

La terapia con inibitori dell’aromatasi è associata ad un aumentato turnover osseo dovuto ad una profonda riduzione dei livelli circolanti di estrogeni che determina una upregulation  del segnale di RANK (Receptor Activator of Nuclear factor, κB) ligando nell’osso. In caso l’entità del dolore sia tale da condizionare la qualità di vita delle paziente come primo approccio può rivelarsi utile la sostituzione del farmaco con un altro composto sempre appartenente alla stessa categoria. Qualora questo non risulti sufficiente una consulenza reumatologica permetterà di valutare meglio le cause del dolore e le prospettive che possono esserci per controllarlo con terapie  farmacologiche e anche non farmacologiche.

  • Gli inibitori dell’aromatasi posso essere utilizzati anche dalle donne in premenopausa, ma necessariamente in associazione con un farmaco della classe degli LHRH analoghi agonisti (triptorelina, goserelin, leuprorelina acetato), poiché altrimenti non potrebbero funzionare.
  • In quest’ultimo caso occorre anche accertarsi che non ci sia una gravidanza in atto prima di iniziare la cura.
  • Questa sostanza viene usata dagli atleti insieme agli androgeni per ridurre gli effetti collaterali causati dall’aromatizzazione degli steroidi stessi oppure
    nelle fasi successive al ciclo per ripristinare la funzionalità gonadica.
  • Attualmente sono in commercio farmaci a base di Vinadina che promuovono una risposta fisiologica dei genitali nella fase di stimolazione sessuale.
  • Sempre allo scopo di aumentare i livelli plasmatici di testosterone endogeno, o eventualmente esogeno, gli inibitori dell’aromatasi possono essere utilizzati anche nella prevenzione e nel trattamento dell’andropausa.

Questo tipo di trattamento viene utilizzato anche qualora si presenti una recidiva della malattia dopo un trattamento loco-regionale chirurgico o radioterapico. In condizioni fisiologiche, la maggior parte degli ormoni androgeni è prodotta dai testicoli in risposta alla stimolazione dell’ormone luteinizzante (LH) – asse ipotalamo-ipofisario-gonadico – e una parte molto minore (10 per cento) viene secreta dalle ghiandole surrenaliche. Nelle prime settimane di trattamento questi farmaci possono scatenare (in misura diversa da farmaco a farmaco e in relazione alle caratteristiche individuali) un effetto paradossale di esacerbazione dei sintomi detto flare-up.

Nelle donne con neoplasia mammaria con recettori ormonali positivi in fase avanzata di malattia, gli agonisti dell’LHRH vengono associati alla terapia endocrina indicata per la paziente. Gli inibitori dell’aromatasi impediscono la produzione degli estrogeni bloccando l’azione dell’enzima aromatasi indispensabile per la sintesi degli estrogeni a partire dagli ormoni sessuali maschili (androgeni), i quali vengono prodotti dalla corteccia surrenale anche nelle donne. I ricercatori Cnr-Iom hanno cercato dunque di identificare quali molecole sono capaci di legarsi al sito allosterico, inducendo e sfruttando un nuovo meccanismo di inibizione.

anastrozolo Administration:

Gli inibitori dell’aromatasi possono causare dolori articolari, aumentato rischio di osteoporosi e aumento dei livelli di colesterolo. “Nella donna in pre menopausa la maggior parte degli ormoni sessuali viene rilasciata dalle ovaie nel sangue, mentre nelle donne in post menopausa gli ormoni non vengono più prodotti dalle ovaie, ma quelli che si trovano nel sangue sono secreti da tessuti periferici a partire dagli androgeni prodotti dalle ghiandole surrenali. La quantità di queste cellule resistenti può aumentare con il passare del tempo, rendendo la malattia “resistente alla castrazione”. La terapia va assunta per 5 anni dopo l’intervento chirurgico oppure in sequenza dopo 2-3 anni di tamoxifene, per un totale di 5 anni di ormonoterapia. In alcuni specifici casi, sulla base dell’esame istologico iniziale, delle condizioni generali della donna e della tolleranza alla terapia, l’oncologo ha la possibilità di consigliare alla propria paziente di proseguire la terapia con inibitori dell’aromatasi oltre il quinto anno. «Il problema più diffuso delle terapie finora in uso è che in seguito a trattamenti prolungati si possono sviluppare dei fenomeni di resistenza che rendono il recettore degli estrogeni attivo, quindi in grado di stimolare costantemente la crescita cellulare, anche in assenza di estrogeni.

Sempre allo scopo di aumentare i livelli plasmatici di testosterone endogeno, o eventualmente esogeno, gli inibitori dell’aromatasi possono essere utilizzati anche nella prevenzione e nel trattamento dell’andropausa. Esistono diversi inibitori dell’aromatasi disponibili, il più comune è Femara (Letrozolo), Aromasin (Exemestane) e Arimidex (Anastrozolo). Tutti e tre sono molto simili e mentre tutti e tre presentano lievi differenze che li rendono unici, molti concordano sul fatto che anastrozolo potrebbe essere il più prezioso di tutti. Anastrozolo è generalmente il moderno antiestrogeno preferito nel trattamento del carcinoma mammario, così come l’IA preferita nei piani di trattamento con testosterone basso. Per l’utente di steroidi anabolizzanti, è altamente efficiente e dovrebbe essere l’unica IA di cui hai bisogno. Tuttavia, nei casi in cui i sintomi della ginecomastia stanno già iniziando a manifestare, molti riferiscono che dosi pesanti di letrozolo sono la risposta al rimedio, dove nel tempo si passa ad anastrozolo come misura preventiva.

Cancro al seno: ok Aifa a rimborsabilità di abemaciclib per forme in fase iniziale ma ad alto rischio

Gli inibitori dell’aromatasi posso essere utilizzati anche dalle donne in premenopausa, ma necessariamente in associazione con un farmaco della classe degli LHRH analoghi agonisti (triptorelina, goserelin, leuprorelina acetato), poiché altrimenti non potrebbero funzionare. In particolare negli ultimi anni, le ricerche hanno evidenziato che, nelle pazienti in premenopausa affette da neoplasia mammaria con recettori ormonali positivi e specifiche caratteristiche, l’assunzione di un inibitore dell’aromatasi in associazione con un LHRH analogo per 5 anni dopo l’intervento chirurgico riduce il rischio di recidiva. Il tamoxifene è usato nelle donne che non hanno ancora affrontato la menopausa o in quelle che l’hanno già superata ma che, per varie ragioni, non possono prendere gli inibitori dell’aromatasi.

Quali sono gli effetti collaterali della terapia ormonale?

In seguito alla cessazione della terapia con anastrozolo, è stato riportato un parziale recupero della BMD alla colonna vertebrale, ma non all’anca. Il trattamento ormonale è comunque un’arma preziosa per ridurre il rischio che la malattia diagnosticata in fase iniziale si ripresenti dopo un trattamento locale, ma anche per ridurre i sintomi della malattia in stadio avanzato, rallentando o fermando la crescita delle cellule tumorali. In questi casi gli ormoni riescono in genere a controllare il tumore della prostata per diversi anni. La terapia ormonale può ridurre il rischio di recidiva, ovvero la probabilità che il tumore si ripresenti dopo la conclusione di altri trattamenti (intervento chirurgico, radioterapia e/o chemioterapia) oppure può contribuire a ridurre per un certo periodo i sintomi di una malattia in fase più avanzata. Come AI anastrozolo funziona bloccando l’enzima aromatasi, che a sua volta è responsabile della produzione di estrogeni. Inibendo il processo di aromatasi, anastrozolo abbasserà i livelli sierici di estrogeni nel corpo; in effetti, una soppressione totale dell’estrogeno dell’80% è stata ben nota con questa IA.

Molti steroidi anabolizzanti hanno la capacità di promuovere effetti collaterali estrogenici dovuti all’interazione dell’ormone testosterone con l’enzima aromatasi. Quando si verifica l’aromatizzazione, i livelli di estrogeni aumentano e questo può portare a ginecomastia e ritenzione idrica in eccesso. Non tutti gli steroidi anabolizzanti si aromatizzano e, come tali, non tutti possono portare a effetti estrogenici correlati. Tuttavia, molti steroidi comuni hanno la capacità di promuovere l’attività estrogenica tra cui Dianabol, tutte le forme di nandrolone e boldenone in misura e, naturalmente, tutte le forme di testosterone pesantemente. Includendo anastrozolo in un ciclo di steroidi anabolizzanti contenente steroidi aromatizzanti, l’individuo può proteggere dalla ginecomastia e dalla ritenzione idrica. Alcuni steroidi possono ancora causare ipertensione senza ritenzione idrica, ma la ritenzione idrica eccessiva è il principale responsabile della pressione alta tra gli utilizzatori di steroidi anabolizzanti.

Cancro al seno: uno stratagemma per ridurre gli effetti collaterali della terapia ormonale

Nei tumori al primo stadio, se la donna è ancora in età fertile e desidera avere dei figli, solo in alcuni casi selezionati per preservare la fertilità si utilizza una spirale al progestinico così da evitare o rimandare l’asportazione dell’utero. La consistente riduzione dei livelli di testosterone in circolo, necessaria per contrastare la crescita delle cellule tumorali, si può ottenere grazie a specifici farmaci oppure con un intervento di orchiectomia bilaterale. Prima della menopausa, la maggior parte degli ormoni sessuali femminili circolanti è liberata nel sangue dalle ovaie. Dopo la menopausa, invece, le ovaie non producono più ormoni e gli estrogeni circolanti sono prodotti da tessuti periferici dell’organismo (soprattutto il tessuto adiposo e i muscoli) a partire dagli androgeni prodotti dalle ghiandole surrenali. La terapia ormonale viene usata anche come terapia neoadiuvante, ovvero per ridurre le dimensioni del tumore prima dell’intervento chirurgico. Potrebbe anche essere adoperata come terapia di farmaco-prevenzione in persone sane ma ad alto rischio, per prevenire la comparsa di alcuni tipi di tumore, ma sul rapporto fra rischi e benefici di questo tipo di approccio gli esperti hanno pareri discordanti.

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